ALFONSO LETO: gli anni Ottanta per un giorno

  

Adesione alla XIX Giornata del Contemporaneo (promossa dall' Associazione musei d'arte contemporanei italiani) che si terrà nella giornata del 7 ottobre 2023 e che vede la partecipazione in sincrono dei musei, gallerie, istituzioni culturali, ateliers e singoli artisti ad un macroevento diffuso sul territorio nazionale, e che oggi riunisce 24 tra i più importanti Musei d'arte contemporanea italiani chiamando a raccolta le realtà sul territorio a offrire una proposta espositiva.

Partecipando come singolo artista, nella giornata del contemporaneo espongo una selezione di mie 10 opere degli anni Ottanta dal mio fondo personale (Archivio Alfonso Leto) in un nuovo ambiente del mio atelier (contiguo agli spazi di lavoro veri e propri).  Si tratta di opere che hanno caratterizzato gli inizi della formazione e messa a punto del mio linguaggio espressivo, in quei particolari anni segnati dalla transavanguardia e dalla reinvenzione di una possibile vitalità dell'arte attraverso una pittura consapevole del proprio ruolo e di riposizionamento linguistico e culturale, nei cambiamenti di quel decennio.

 Alcune delle opere presenti in questa selezione hanno fatto parte della prima mostra personale di rilievo di Leto (1987), presentata da Achille Bonito Oliva e Fulvio Abbate, tenutasi nel seicentesco eremo della Quisquina, sui monti sicani, proprio nei luoghi dove sono nato e risiede, continuando a sviluppare il mio lavoro: a dimostrazione di un antico rapporto di resistenza e persistenza del ruolo di artista in una Sicilia che proprio negli anni Ottanta andava vedendo nascere la nuova Gibellina e la Fondazione Orestiadi (volute da Ludovico Corrao), Museum a Bagheria (la collezione di arte contemporanea di Ezio Pagano) e i primi passi della Fiumara d'Arte (il multiforme laboratorio di Antonio Presti). Tutte realtà con le quali mi sono relazionato nel corso degli anni. Alcune altre opere in mostra oggi fecero parte della personale all’Ass. Culturale “Voltaire” di Palermo, presentata da Francesca Alfano Miglietti, nel 1988.

Decidere oggi di partecipare ad un evento così conformato, da una postazione periferica di stanzialità ripropone ancora il tema del ruolo delle periferie e della loro relazione con la cultura contemporanea, del loro incensurabile diritto a costituirsi come luoghi vitali della storia e della geografia culturale di un Paese.

Può sembrare un “esperimento” da “sindrome di Fizcarraldo” (solitudine, energia, gioia goduta a dispetto del mondo...), e tutto questo nello spazio di un giorno, in sincrono con gallerie, istituzioni, singoli artisti e ateliers di tutta l'Italia. Di certo, un diapason.  

Ma cos'è, in fondo l'avventura dell'arte contemporanea, se non agire nella più totale convinzione della tua azione? (-consapevoli che il luogo dove si svolge "l'atto" è fuori dalle rotte tracciate della geopolitica culturale ed economica contemporanee-). Non si era detto che viviamo in un villaggio globale? E qualora il villaggio globale fosse venuto a noia a tutti noi, (anche perchè non siamo più in grado di gestirlo) non è già un refrigerio poter pensare che esistono le periferie, i borghi, gli entroterra, le alture? E chi può, in fede, affermare che il pubblico di New York, di Londra, di Parigi, Milano o Roma, sia più "meritevole" di ricevere un'offerta d'arte contemporanea, servita con lo stesso impegno dei luoghi presenti nella "mappa"? L'atto artistico, specie se indipendente e autentico, ha una sua validità in base al luogo che lo adotta oppure ha una suo peso specifico cultrale che sta al mondo decifrare correttamente?

 
Anche di queste domande è latore un evento (non il solo) così pensato e agito da qui. Un “qui” che -va detto- raccoglie la grande lezione dimenticata di Francesco Carbone sull'azione dell'arte nelle periferie; un luogo che ha visto sorgere realtà creative e attrattive come il Teatro Andromeda (e tutta la microstoria di vitalità culturale che lo precede) e che annovera anche la più recente mostra d'arte contemporanea “La Sicilia fredda” 2021 (artisti delle alture dell'entroterra agrigentino).  Quasi un monito a chi volesse continuare a pensare in senso gerarchico ed economico e non culturale e antropologico la geografia del contemporaneo sui territori.  

A.L.



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