"ROVI" Fattoria dell'arte

 



Video Mostra "ROVI"




       
 I Rovi di Alfonso Leto sono un gruppo di lavori del 2010 che non avevano mai lasciato lo studio dell’artista, se non per essere oggi ospitati nella Torre della Fattoria dell’arte.
Che Lorenzo Reina abbia aperto, oggi, all’amico pittore, le porte dello spazio da lui creato per ospitare in futuro le proprie sculture, in permanenza, è un grande segno di affinità e di ospitalità tra artisti che Leto onora oggi con questo gruppo inedito di opere.
  I Rovi nascono come un intenso esercizio automatico di pittura in cui si intrecciano la rêverie del dripping dell’amato Pollock e quella an-estetica della decorazione pittorica, per costituire un unicum coerente e sospeso (sublime) sulle cose dell’arte e della vita.
  Ad attrarre da lontano l’osservatore, nel percorso che dalla collinetta immersa nella campagna quisquinese conduce alla torre ottagonale, è un grande drappo dipinto che, penzolando dalla sommità della torre verso l’esterno, offre già gli stessi segni che pervaderanno l’intera mostra come vene e arterie del sistema circolatorio anatomico, con i tipici toni del rosso e del blu, ma che ad uno sguardo più ravvicinato si riveleranno grovigli vegetali di rovi spinosi minuziosamente dipinti.
  Con questo appunto visivo in favore di un'architettura che sia piena osmosi tra esterno e interno, tra natura e artificio, in una sorta di fantasticheria gotica, l’artista sembra invitare lo spettatore a espugnare la torre/museo per scovare infine il suo tesoro in forma d’arte.
  All’interno, il gruppo pittorico è installato a parete sovrapponendo le tele in un calcolato disordine che simula la stessa apparente casualità dei segni colorati e che si distilla, poi, isolandole nelle pareti vicine, altre tele che si offrono nella loro singolarità ad amplificare sempre il falso dripping del gruppo pittorico.
  L’artista attira lo spettatore a seguire un percorso verso le scaturigini remote “dello Spirituale” irridendo la religiosità studiata a tavolino e stratificata dalla tradizione, volgendo invece lo sguardo apocrifo, ben esercitato dall’artista, verso una libera intuizione panteistica, a una gioiosa effusione con la natura che gli fa recitare in una intervista di qualche anno fa il seguente brano di Carl Gustav Jung tratto da “Ricordi, sogni, riflessioni”:
  «Le manifestazioni terrestri del "mondo di Dio", cominciavano con il regno vegetale, che era
 quasi una comunicazione immediata, come se uno avesse spiato il Creatore, che - 
ritenendosi inosservato - stava facendo giocattoli e decorazioni; mentre l'uomo e gli animali veri e propri erano frammenti di Dio diventati indipendenti. Ecco perché potevano muoversi a loro piacimento e cercarsi la propria dimora. Il mondo delle piante invece, fioriva e periva legato al proprio luogo. Esprimeva non solo la bellezza, ma anche i pensieri del mondo di Dio, senza intenzioni e senza derivazioni. Particolarmente misteriosi erano gli alberi, e mi sembravano dirette personificazioni dell'incomprensibile senso della vita. Per questo motivo nei boschi mi sentivo più vicino al suo recondito significato e alle sue inquietanti attività.»
  La principale qualità della serie dei Rovi firmata da Alfonso Leto, infine, risiede nella loro vocazione poetica e nella loro estrema polisemìa che spinge lo spettatore a vedere di volta in volta, in quei falsi dripping, tracciati di una geografia satellitare che, spandendosi sulla candida superficie di un uovo primordiale proiettato ortogonalmente, additano la nascita di qualcosa di nuovo, di misterioso e inaspettato.
  
Giuseppe Alletto








Post popolari in questo blog

ALFONSO LETO: gli anni Ottanta per un giorno

"Costantino Chillura - oltretutto"